Situazione sicurezza e cibo ad Haiti

ISPI

Il regalo che vorrebbe un bambino haitiano del CEAL (Centro comunitario e scuola per bambine e bambini con disabilità e sordi di Leogane) è poter festeggiare la Festa di Natale, è poter andare tutti i giorni a scuola perché è l’unico posto dove ci si diverte, è poter avere ogni giorno il cibo per tutta la famiglia, augurandosi che nessuno si ammali perché gli ospedali al momento funzionano poco (non arrivano i rifornimenti, c’è pochissimo carburante, i medici che in passato venivano dalla capitale ora non ci sono più).

In tantissimi hanno lasciato il paese, andando in gran parte negli Stati Uniti, con quello che localmente viene chiamato il programma Biden, che permette ai famigliari in USA di garantire per l’ingresso di lavoratori haitiani. Chi ancora è nel paese appartiene a 3 categorie:
1) in attesa del visto
2) impossibilitato a partire (e quasi sempre è la popolazione più fragile in questa situazione)
3) è deciso a restare.

A quest’ultima categoria appartiene France Remy, la direttrice del CEAL, che ha lavorato per organizzazioni statunitensi in passato, ha un passaporto che le consente di viaggiare senza problemi, ma non ha nessuna intenzione di lasciare la sua comunità e i bambini e le bambine che frequentano la scuola del CEAL.
“I genitori ci raccontano che nei giorni in cui son costretti a non uscire di casa a causa dell’insicurezza delle strade, i nostri scolari si disperano, a volte dobbiamo chiamarli per spiegare che non durerà molto. La scuola è un punto di riferimento ormai necessario per loro, e spesso anche l’unico posto dove son certi che troveranno un pasto caldo”, riferisce la direttrice.

Della insicurezza haitiana si parla da anni, certamente troppo poco, ma se ne parla. Della insicurezza alimentare forse si parla troppo poco.

Haiti è il quarto paese al mondo per insicurezza alimentare. Il 48% della popolazione è soggetta a insicurezza alimentare acuta, che si verifica quanto l’incapacità di una persona di consumare cibo adeguato mette in pericolo immediato la vita o i mezzi di sussistenza.

IL NOSTRO PROGETTO

La situazione sta peggiorando a Leogane e nel Sud del Paese, tagliato fuori dai collegamenti con la capitale (e quindi con il porto e con i mercati di approvvigionamento delle merci, del carburante). Il paese di Mariani, a fianco a Leogane, da due settimane è stato attaccato dalle bande armate. Per questa ragione Liliane, la professoressa più esperta del CEAL, non può rientrare a casa, e rimane alloggiata a scuola, insieme ad alcuni altri bambini. Speriamo possano riabbracciare presto le loro famiglie. Ma si teme che addirittura si debbano spostare tutti, come è successo a Martissant, dove le case sono state occupate dalle bande, e la gente è scappata.

In questa situazione di totale instabilità, il costo della vita aumenta e noi possiamo adeguare i salari del personale scolastico. Il costo del cibo aumenta, e noi inviamo più fondi per il cibo della mensa. Ma al contempo le famiglie si responsabilizzano, e quest’anno si è scelto di fare una colletta di 750 gourdes per famiglia, per fare la festa di Natale insieme.

“Non tutti potranno versarli, ma questo si sa sin dall’inizio, non importa, chi può sostiene gli altri”, sottolinea la direttrice.

I regali probabilmente non si potranno comprare… al mercato non arriva la merce… ma si sta pensando di preparare una barretta dolce di arachidi per darla a ogni bambino. Piccolo, ma il regalino ci sarà.

Continuiamo l’impegno, sapendo che è piccolo, che cambia poco globalmente, ma fa la differenza per questa comunità.

Restiamo con loro.